Ogni anno intorno alla fine di dicembre caschiamo nella pratica dei buoni propositi, a volte anche con aria un po’ snob: capodanno è un giorno qualsiasi, tanto non cambia niente, i buoni propositi non funzionano mai. Eppure chi di voi non ha quei pensieri sussurranti nella testa alla fine dell’anno? Cosa voglio veramente? Cosa voglio cambiare nella mia vita? Quali sono gli obiettivi di quest’anno? Praticamente una crisi di mezza età ogni dicembre!
Perché succede a tutti e tutte? E se non ti succede potresti avere bisogno di un consulto psicologico: chiamami! 😉
Non è così semplice rispondere a queste domande e non indicano necessariamente un’insoddisfazione, ma vogliono dire che siamo esseri meravigliosamente umani e in evoluzione costante. Suona meglio?
Capodanno è un passaggio e come tale ha bisogno anche del suo rituale.
“I rituali sono importanti e lo sono da sempre e per tutte le culture. E anche per altri primati. Definiscono l’appartenenza a una comunità, ci fanno sentire parte di qualcosa e segnano il passaggio a qualcosa di diverso.” Descrivevo così l’importanza di alcuni momenti della nostra vita ne “Il corpo emotivo nel public speaking“.
“Non si sa per certo l’origine dei rituali, ma siamo tutti concordi sulla loro importanza. Anche la nostra società ne è piena e sono entrati talmente tanto nella quotidianità che non ci rendiamo neppure più conto che sono cerimoniali.
Riti di passaggio tipici sono: il matrimonio e il funerale, anche il diploma e la laurea o riti religiosi come battesimo, comunione e cresima. Queste manifestazioni pubbliche segnano un passaggio da cosa c’era prima e cosa ci sarà dopo. Anche Capodanno ha lo stesso significato, non è vero che la notte di San Silvestro è una come le altre, segna la fine e l’inizio, e si accompagna a speranze, malinconie e timori, esattamente come gli altri riti di passaggio. Da qui l’origine dei buoni propositi (che non vengono portati quasi mai a compimento, perché non formulati nel modo corretto e perché sono solitamente a lungo termine.)”
La differenza tra i tuoi desideri e quelli della società
I riti di passaggio vengono impressi nella nostra mente anche per le emozioni che li accompagnano. C’è chi ancora a 50 anni ricorda benissimo gli incubi legati alla maturità.
Ma poi col passare del tempo l’energia legata ai buoni propositi si affievolisce. Allora dove si sbaglia?
Prima differenza importante è quella fra desideri e obiettivi. I desideri sono meravigliosi e parlano di noi, di una parte con la quale può capitare di non essere sempre in contatto. Pensaci, quali sono i tuoi? Se non lo sai più, allora l’esercizio più in basso potrebbe per te essere provvidenziale. Non dimenticare mai di ascoltare il tuo istinto. Poi non dargli sempre retta, però devi sapere cosa ti sta dicendo.
Gli obiettivi invece sono progetti che devono essere ben definiti e realistici. Per cui la differenza è grande. È giusto che qualcosa resti un desiderio ed è giusto che qualcuno di questi si trasformi in un obiettivo da raggiungere.
Ho fatto un giro su alcune testate giornalistiche e, come prevedibile, in molte hanno pubblicato qualcosa su i buoni propositi. Quello che mi ha fatto più arrabbiare è stato TgCom24 Donne che ci consiglia, tra le altre cose, di puntare su fascino e sensualità.
A voi non prende mai la voglia di non commentare una cosa per la delusione che questa comporta? Quando ho letto questo articolo, pieno di generalizzazione e consigli mediocri e vaghi, ho avuto questa sensazione. Di tutti quelli elencati questo è il più stereotipato. Perché noi donne dovremmo per forza puntare sul fascino? La parola fascino deriva dal latino fascĭnum, ovvero maleficio. Più facilmente, però, in questo contesto è stato usato per significare il potere di attrazione e seduzione. Perché questo consiglio alle donne? Qui si nasconde lo stereotipo degli stereotipi: va bene se piacciamo a noi stesse e siamo sicure di noi (ma va bene anche quando non lo siamo!) ma se puntiamo sul fascino allora vuol dire che stiamo puntando a sedurre qualcun altro (o altra). E ritorniamo sui vecchi ruoli: donne il cui unico scopo nella vita è accalappiare un uomo. Donne la cui sicurezza passa dallo sguardo maschile.
[Non metto il link per non dare clic a questo articolo 😜]
E allora come parlare alla propria mente?
Una ricerca sperimentale, pubblicata su PNAS, spiega come trasformare i buoni propositi in abitudini. La cosa interessante è che conferma, fra le altre cose, che le persone possono essere diverse fra loro e che il mito di un tempo prestabilito per imparare qualcosa è un falso. Le variabili in gioco sono tante e più che preoccuparci del tempo necessario bisognerebbe prendere in considerazione la modalità e la complessità di cosa vogliamo diventi un’abitudine. Sfatare il mito dei 21 giorni vuol dire anche riappropriarci della nostra unicità e abbandonare un clima competitivo che ci porta frustrazione e paura del fallimento.
Non dobbiamo, però, aspettarci che i risultati arrivino senza far nulla, possiamo agire, ma la sostituzione della competizione con una scelta basata sull’ascolto e sulla collaborazione, anche di noi stessə, porta a risultati più duraturi e soprattutto porta a quello più importante di tutti: il nostro benessere nel rispetto delle altre persone e dell’ambiente che ci ospita.
Prendi carta e penna
Lascia per un po’ il tuo device e ritorna a carta e penna, perché vivere come esperienza unica le tue parole è un ottimo punto di partenza. Quando digitiamo le lettere su una tastiera, fisica o virtuale, ogni lettera è uguale a se stessa. Ma quando lo facciamo a penna, allora è un atto creativo e ogni lettera sarà unica. Questa esperienza dialogherà meglio con i nostri sistemi motivazionali e con la nostra memoria.
Prendi un tuo obiettivo e dividilo per attività più piccole, e poi decidi ogni giorno (settimana o mese a seconda dell’obiettivo) quanto tempo ci vuoi dedicare. Deve essere un tempo realistico perché ti toccherà rispettarlo. Le attività devono essere pratiche: è diverso dire scriverò un nuovo libro (uhh sarà mica un’anticipazione? 😂) oppure scrivo ogni lunedì e giovedì tot pagine, parole, ecc. Deve essere concreto in modo che ti sarà facile stabilire se l’hai fatto o no. Condividilo con qualcuno che di tanto in tanto ti chiederà come va quel tuo progetto, così metterai alla prova anche la tua voglia di conferma sociale.