Psicologa | Giornalista | Docente Università | Scrittrice

Gaslighting: quando ti fanno credere che sei tu il problema

Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica, spesso invisibile, utilizzata per ottenere più potere e controllo sulle altre persone. Le conseguenze sono molto pericolose perché spesso chi le subisce non se ne accorge. Come scoprire se siamo vittime e come proteggerci.
Gaslighting

Ti è mai capitato di sentirti in confusione e di dubitare di quello che pensi e dei tuoi ricordi dopo aver parlato con una persona? Oppure di pensare al passato e ricordare che eri una persona più sicura e che quella sicurezza oggi non la senti più?  Se hai risposto ‘sì’, potresti essere vittima di gaslighting.

Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica subdola e molto pericolosa: chi lo esercita mina, con intenzionalità, la percezione della realtà della vittima, facendola dubitare di sé, delle sue emozioni e persino dei suoi ricordi. È come essere intrappolati in un gioco mentale che non hai scelto di giocare.

La buona notizia? Puoi difenderti. In questo articolo scoprirai come riconoscere i segnali del gaslighting e quali strategie adottare per proteggerti da chi cerca di riscrivere la tua realtà. Perché nessuno ha il diritto di manipolare la tua mente.

Indice

Cos’è il gaslighting e perché è così pericoloso?

Il termine Gaslighting deriva da un testo teatrale divenuto poi un film diretto da Thorold Dickinsonnel:  Gaslight. Nella trama un uomo manipola sua moglie (Ingrid Bergman) così tanto da farle pensare di esser pazza.

Infatti, proprio come avviene nel film, lo scopo principale di chi mette in atto questa subdola macchinazione è quello di far dubitare la vittima delle proprie percezioni e della propria sanità mentale. Questo nella forma più grave, ma ci sono livelli intermedi, ancora più difficili da individuare, nei quali lo scopo non è quello di far impazzire l’altra persona, ma quello di avere più potere attraverso l’attacco continuo alla sicurezza dell’altra persona. Farla dubitare delle cose accadute, delle sue percezioni e dei suoi pensieri e spiazzarla facendola sentire insicura e anche impotente, spingendola a dubitare di qualsiasi cosa. Ci sono situazioni nelle quali l’altra persona non sa reagire perché il manipolatore o la manipolatrice ha più potere, come può succedere facilmente in ambito lavorativo con una persona che ricopre un ruolo superiore nella gerarchia aziendale. Ce ne sono altre nelle quali la persona che abusa viene vista come l’unica soluzione al proprio malessere, una sorta di salvatore o salvatrice, l’unica che copre gli errori della vittima, che sa cosa deve fare e che è dalla sua parte. 

Queste situazioni sono diffuse sia nelle relazioni personali sia in quelle lavorative. É un fenomeno in aumento tanto che il Merriam-Webster Dictionary ha nominato “gaslighting” come la parola del 2022″ perché quest’anno ha visto un aumento del 1740% delle ricerche per gaslighting, con un interesse elevato durante tutto l’anno“. 

Le persone in gioco sono almeno due:

  • una gaslighter, persona abusante, che vuole avere il controllo e il potere;
  • una gaslightee, persona vittima, che spesso idealizza il gaslighter e ne cerca l’approvazione.
 

Ed è in questa ricerca di approvazione e validazione, esigenza che può nascere sia per motivi personali e individuali, sia per gerarchia lavorativa, che inizia a manifestarsi il pericolo.

Come si può alterare la realtà

Le strategie del gaslighter portano la vittima a sperimentare uno stato di confusione, a dubitare di sé stessa e a isolarsi, spesso non dicendo a nessuno per vergogna o senso di colpa, cosa prova.  Anche perché una parte di sé penserà che la persona abusante abbia ragione. Questa manipolazione si basa su strategie ingannevoli, come negare l’evidenza, colpevolizzare l’altra persona per le emozioni che vive o che mostra, fornire informazioni false per disorientarla. In molti casi, il gaslighter altera la realtà mettendo in discussione i ricordi e la memoria della vittima in modo così persuasivo da spingerla a dubitare persino della propria lucidità mentale.

Affinché si possa parlare di gaslighting deve esserci intenzionalità nella maniplazione e nella distorsione delle informazioni per affermare sé e denigrare l’altra persona, facendole sorgere il dubbio sulla propria autoefficacia (lo sai che non sei capace, lo sai che non ce la fai senza di me, chi vuoi che ti prenda al posto mio? Ecc. ), sulla sua memoria (non ti ricordi, me l’hai detto tu, l’hai fatto tu, ti sbagli io non c’ero, ecc.) o sulla sua percezione della realtà.

Noi sappiamo chi siamo perché abbiamo coscienza di due cose: il nostro passato e quindi la memoria che ci crea la nostra identità e la realtà esterna che con la crescita abbiamo imparato a interpretare. Minando la memoria e la percezione della realtà si compromette anche lo stato di coscienza e quindi, anche nei casi meno gravi, la vittima inizia a non sapere più chi è e magari proprio per quella insicurezza si fida di più dell’altra persona che di se stessa. Crolla così l’autostima ma anche il senso di agentività della vittima.

Manipolazione psicologica ed emotiva

Le fasi del gaslighting

Robin Stern, Ph.D., direttrice dello Yale Center for Emotional Intelligence ed esperta in manipolazione mentale, intelligenza emotiva e empowerment femminile, ha teorizzato 3 fasi della gaslight manipulation:

  1. nella maggior parte dei casi, esiste un periodo antecedente alla prima fase, nel quale l’abusante riempie la futura vittima di complimenti, di attenzioni e di rinforzi positivi e nella quale la studia, individuandone i punti di vulnerabilità. Questa pre-fase porta con sé, nella maggior parte dei casi, l’idealizzazione del vessatore.
    E proprio qui nasce la prima fase, quella dell’incredulità. Ovvero quando il gaslighter inizia ad avere un atteggiamento ostile e ambiguo facendo leva sulla distorsione della realtà e accusando la vittima di comportamenti mai avvenuti. Inizia così a presentarsi una vera e propria comunicazione distorta, nella quale la persona abusata non capisce cosa sia cambiato, pensa in prima battuta a errori interpretativi e a fraintendimenti, sentendosi disorientata e confusa.
  2. Difesa: la vittima tenta, nella maggior parte dei casi inutilmente, di convincere la persona abusante della verità dei fatti, della sua versione della situazione, sperando di mantenere un dialogo che magari prima sembrava esistere. 
  3. Depressione: la terza fase è la più pericolosa e quella nella quale non si può più rimandare la richiesta di aiuto, se non lo si è già fatto prima. Il gaslighting diventerà la norma e la vittima si convincerà che non c’è più nulla da fare ed entrerà in una fase di depressione, nella quale si sentirà impotente e inerme. Tutto questo si accompagna a disturbi psico-fisici legati all’ansia, palpitazioni, gastriti e altri disordini. Questa è la fase nella quale il comportamento abusante può sfociare in episodi di violenza fisica.

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Le tecniche preferite dei manipolatori

La persona abusante, perché è di un abuso che stiamo parlando, ha come intento quello di neutralizzare le abilità dell’altra persona, solitamente muovendo forti critiche sul modo di essere della vittima, in modo di assicurasi il suo consenso e garantirsi il controllo su di lei. A differenza di un rapporto di forza e di superbia, nel quale il carnefice espone il proprio potere in maniera palese e diretto, in questo caso, invece, il gaslighter vuole creare alla vittima un senso di isolamento e un ambiente nel quale tutte le persone, compresa la vittima, pensano che la gaslightee stia sbagliando e sia incapace e che lui, invece, sia dotato di superiorità morale, intellettiva e operativa. 

Come ha più volte scritto, anche nel mio libro sul public speaking, chi usa tecniche di manipolazione mentale o di violenza per dimostrare il proprio valore soffre di un’insicurezza profonda e un forte senso di impotenza e vulnerabilità. Spesso queste persone non sono in grado di tollerare una critica o un disaccordo o altre persone che dicono loro come agire. Quindi quello che riescono a fare è invertire la situazione, da vittima del mondo che lo fa sentire fragile ad abusante e potente per dimostrare in primis a sé di essere una persona di valore, superiore alle altre. Questo non vuol dire che dobbiamo stare dalla sua parte, ma è giusto tenerlo a mente per sapere che dall’altra parte non c’è un super eroe o una super eroina, ma una persona vulnerabile con un sacco di problemi e che farebbe bene ad andare in terapia. Ma questo non è un vostro problema, a meno che non siate la sua terapeuta.

La regola è un po’ sempre quella: chi sta bene con sé non ha bisogno di spingere giù le altre persone per sentirsi grande.

Vediamo quali sono le tecniche più diffuse per aumentare l’insicurezza nell’altra persona.

  • Negazione: rifiutare eventi reali, anche in presenza di prove e senza apparente contraddizione, né vergogna.
  • Minimizzazione: svalutare i sentimenti della vittima.
  • Confusione: mischiare verità e menzogne per disorientare e per non far pensare all’altra persona che si sta mentendo, in fondo parte delle cose dette sono vere.
  • Svalutazione: screditare la vittima quando si è soli ma anche davanti ad altre persone.
  • Incoerenza: alle loro parole non seguono le azioni.
  • Affermazione del contrario: se viene colto in fallo, la difesa la fa con l’attacco attribuendo all’altra persona che non ha capito e che lui (o lei) intendeva proprio questo. Chiedendo poi alla vittima se si sente bene, magari condendo lo scambio comunicativo con un falso accudimento preoccupato con frasi simili a: “Ultimamente ti vedo nervosa, (o poco lucida e/o stanca). Sei sicura di farcela?”. Creando così nella vittima la sensazione di essere lei in torto e di essere troppo sotto stress, credendo così a quelle parole. Anche perché è facilmente comprensibile che avere a che fare con soggetti di questo tipo aumenti il disagio e la stanchezza mentale e fisica.
  • Appropriarsi delle idee e meriti altrui: anche se l’idea o il merito è della persona che ha di fronte, l’abusante dirà (e ci crederà) che è la sua e se messo davanti all’evidenza screditerà l’altra persona, con frasi tipo: “Perché hai bisogno di dire che è tua? Non ti senti abbastanza sicura?” oppure usando l’ironia: “Va bene è una tua idea” con espressione di chi concede qualcosa a una persona inferiore con la quale non si può ragionare.
  • Falso accudimento: si pone come chi vuole aiutare la vittima a migliorare, a vedere la vera realtà delle cose e come unica chance di miglioramento per la vittima.
  •  Gli stereotipi. In teoria il gaslighting è un fenomeno senza genere, ma gli studi indicano come il genere maschile ricopra più facilmente il ruolo da abusante. Questo è dovuto anche alla cultura patriarcale che vede i generi in ruoli rigidi: i maschi in quelli di potere, di prestigio e di comando e le femmine in quelli subalterni o di cura. Spesso la manipolazione esercitata sulle donne può portare alla violenza domestica e non solo, con risvolti molto pericolosi per la vittima.
    Far leva su alcuni stereotipi può infliggere un colpo molto duro alla persona oppressa, perché questi rappresentano credenze diffuse e approvate dalla società. Dire per esempio: “Lo sanno tutti che le donne quando hanno le proprie cose sono nervose. Vedi cose che non ci sono”, oppure: “Lo sai che voi donne siete gelose fra di voi, vedrai che le tue amiche ti porteranno sulla cattiva strada, loro non ti vogliono bene davvero, ci penso io a te”.

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Il gaslighting nella cultura e nel linguaggio

Come spesso accade anche le espressioni linguistiche possono essere graduali, passando così da espressioni che minimizzano e invalidano le emozioni, come per esempio: “Stai esagerando”, o “Sei troppo sensibile” a espressioni decisamente più forti e radicali. Fai sempre attenzione ogni volta che usano il verbo essere per descrivere te. Il verbo essere si posa sulla nostra identità e sul valore che ci diamo. Io, nella maggior parte dei casi, quando parlo di me sostituisco il verbo essere con altri verbi che mi danno più libertà. Non farti dire da altre persone chi sei, chieditelo tu: chi sono io? So che è una risposta molto difficile, soprattutto perché nessuno ci ha mai abituate o abituati a pensare in questi termini, ma sapere chi siamo, non per forza per sempre, ma anche solo nel momento presente, è una forte leva per rafforzare la nostra sicurezza personale.

Le accuse più diffuse sono quelle di essere pazze, di vedere cose che non esistono, di essere troppo sensibile, poco intelligente, di non ricordare, di essere infedeli, di non apprezzare dei comportamenti abusanti e protettivi. Ci sono poi persone abusanti che si rifanno anche a un repertorio di denigrazioni fisiche.

Alcune espressioni diffuse per colpevolizzare le vittime sono:

  • Sei pazza.
  • Non ti si può più dire niente.
  • Ti confondi, non è così.
  • Non essere paranoica.
  • Stavo solo scherzando!
  • Ti immagini le cose.
  • Stai esagerando.
  • Non ti agitare così tanto.
  • Quello che dici non è mai successo.
  • Sono preoccupato: penso che tu non stia bene.
  • Non vedi quello che faccio per te.
  • Io ti voglio solo aiutare.
  • Senza di me non vali niente
 

E molte altre ce ne sarebbero. 
Noti qualcosa? Sono molto simili a quelle usate nella violenza maschile sulle donne. Ricordiamo però che in linea teorica l’abusante potrebbe essere anche una donna.  Queste espressioni sono diffuse anche nelle dinamiche di famiglie disfunzionali e nello specifico nei rapporti genitori-figli e figlie.

Spazzatura emotiva

Gaslighting a lavoro

Le dinamiche di potere e competizione rendono il gaslighting particolarmente pericoloso negli ambienti lavorativi. Questa manipolazione trova terreno fertile nel contesto professionale perché sposa bene le dinamiche performative e capitalistiche di cui la nostra società è pregna. Ad esempio, un capo o una capa può sfruttare la propria posizione gerarchica per legittimare il proprio comportamento, magari anche legando il divario di ruolo con un divario di valore personale. Una leva che spesso viene usata in queste dinamiche è la competizione con colleghi e colleghe o lo spauracchio del licenziamento. Attenzione però che se c’è una persona che si comporta in questo modo molto probabilmente l’ambiente nel quale vi trovate a lavorare è diffusamente tossico. Tollerare e non intervenire da parte dei vertici aziendali su comportamenti del genere significa essere complici.

Vediamo altri comportamenti tipici che si possono verificare in ambienti di questo tipo:

  • sminuire il lavoro della vittima;
  • negare i propri errori e attribuirli all’altra persona;
  • alterare la realtà dei fatti;
  • escludere la vittima da conversazioni, riunioni o decisioni importanti;
  • ridicolizzare la vittima in pubblico con commenti o battute.

Conseguenze psicologiche del gaslighting a lavoro

Le vittime di gaslighting lavorativo possono sperimentare:

    • Calo della fiducia in sé: dubitare della propria competenza e temere continuamente di commettere errori.  Avere anche l’impressione che il proprio contributo venga sminuito o ignorato.
    • Sentire insicurezza sulle proprie responsabilità.
    • Stress cronico: l’ambiente lavorativo diventa fonte di ansia costante.
    • Esaurimento emotivo e burnout: la continua invalidazione può portare a una profonda stanchezza mentale.
    • Isolamento professionale: la vittima può iniziare a evitare interazioni sociali o progetti condivisi.

Come difendersi dal gaslighting sul lavoro

  • Documentare tutto: conserva e-mail, messaggi e note relative agli episodi di manipolazione per avere prove concrete.
  • Chiedere chiarimenti in modo diretto: frasi come “Puoi spiegare meglio cosa intendi?” possono mettere il manipolatore in difficoltà. Ricordati che chi domanda comanda. Prendi le sue affermazioni e chiedi di giustificarle e soprattutto non reagire mai a un suo affronto, ma domanda, partendo da quello che ha appena detto, in modo che sia lui a doversi giustificare.
  • Coinvolgere risorse esterne: rivolgiti alle risorse umane o a una persona di grado superiore nella quale riponi fiducia per discutere della situazione.
  • Cercare supporto: parlane con colleghi e colleghe di cui ti fidi o con una consulente esterna, come una psicologa.
  • Stabilisci confini: evita di lasciarti trascinare in discussioni manipolative e mantieni la calma.

Cosa fare se l’azienda non interviene?

Se l’azienda non interviene o lo fa in un modo non congruo, valuta se rimanere in quell’ambiente sia sostenibile per te, sia a breve sia a lungo termine. Nel frattempo il mio consiglio è quello di iniziare a cercare nuove opportunità in un contesto più sano e rispettoso. E ricordati che quando troverai un ambiente dove non ti costringeranno a dubitare di te e a subire vessazioni, quella è la norma e non sei fortunata o fortunato e non devi sdebitarti perché non ti fanno subire abusi. Spesso vivere in un ambiente tossico distorce, sia in modo positivo sia in quello negativo, tutto il resto. 

Le conseguenze psicologiche del gaslighting

Gaslighting nelle relazioni di coppia

Nelle relazioni di coppia il gaslighting si collega in modo quasi diretto alla violenza domestica e sappiamo, anche dai quasi quotidiani fatti di cronaca nera, che questi abusi possono condurre a femminicidi.

Il linguaggio spesso fa riferimento alla negazione delle esperienza vissute dalla partner, come: “Non è così!”, “Ti stai inventando tutto!” e la più gettonata “Sei pazza”. Ma anche alla minimizzazione dei sentimenti:“Esageri sempre!” o “Stai facendo una tragedia per nulla.” E come abbiamo già visto alla falsificazione di eventi, alla disumanizzazione e allo screditamento della vittima portandola a dubitare della propria memoria e della propria identità. E qui oltre alla confusione costante e alla perdita di autostima si crolla spesso nella dipendenza emotiva dal partner, senza il quale non si saprebbe più chi essere dopo il percorso di disumanizzazione adoperato dal maltrattante.

In questo quadro si aggiungo poi gli stereotipi di genere e la cultura patriarcale, che fa si che gli uomini debbano proteggere le donne, che sono portati per avere potere e che ci si deve fidare di loro perché sanno quello che fanno, perché sono “uomini di mondo”.  A questo si somma la narrazione tossica dell’amore romantico, di cui ho a lungo scritto nella mia ultima newsletter e che qui riprendo solo riportando alcune frasi che troppe volte abbiamo sentito dire: “Se ti ama, lo fa per il tuo bene” o “Ti critica perché tiene a te” e che mascherano dinamiche di abuso.

Sebbene il gaslighting non sia necessariamente accompagnato da violenza fisica, i due fenomeni sono spesso collegati:

  • La violenza psicologica (come il gaslighting) crea un terreno fertile per la violenza fisica, normalizzando dinamiche di abuso e controllo.
  • La violenza fisica può essere accompagnata da gaslighting per mantenere il potere: ad esempio, l’abusante potrebbe negare episodi di aggressione, dicendo “Te lo sei immaginato” o “È stata colpa tua, hai esagerato!”.
 

Uno studio dell’American Psychological Association (APA) stima che il gaslighting sia presente nel 60% delle relazioni con abuso domestico, rendendolo una pratica centrale per mantenere il controllo sulla vittima. Si inserisce così nel ciclo della violenza domestica, seguendo spesso queste fasi:

  1. Accumulo della tensione: il manipolatore usa il gaslighting per destabilizzare il o la partner, creando insicurezze.
  2. Esplosione della violenza: l’abusante può passare alla violenza fisica o intensificare il controllo psicologico.
  3. Falsa riconciliazione: il gaslighter minimizza gli episodi violenti con frasi come “Non è stato così grave” o “Non ricordi bene”, riportando la vittima nella spirale di dipendenza.
 
A differenza della violenza fisica la violenza psicologica è più nascosta anche per la vittima che fa più fatica a riconoscerla e a denunciarla (questo anche perché spesso se non si hanno lividi, quando si va dalle forze dell’ordine a denunciare, è difficile essere credute e parte la vittimizzazione secondaria). 
È più difficile rendersi conto di questa violenza perché spesso la vittima, avendo subito una manipolazione, interiorizza la colpa, sente di essere esagerata e normalizza l’abuso. Per questo confrontarsi con le persone vicine e con professioniste può davvero salvare la vita.

Le conseguenze psicologiche nella coppia

Abbiamo già visto come il gaslighting si presenta in tre fasi distinte, ognuna con delle conseguenze psicologiche ed emotive differenti, che partono dall’incredulità fino ad arrivare alla depressione. Le vittime sono spesso pervase da insicurezza, perdita di fiducia in se stesse e nelle proprie capacità di giudizio. La sensazione di confusione, di errore continuo e di non essere in grado di far nulla sono stati d’animo che spesso si accompagnano a questo tipo di manipolazione. Come sostiene Stern, la vittima si convince che ciò che l’abusante dice riguardo se stessa sia la verità, gli dà ragione e lo idealizza. È nell’ultima fase che emergono sentimenti di rassegnazione, insicurezza e dipendenza

L’impatto di questo abuso è grave anche a livello di salute fisica. Ricordiamoci infatti che mente e corpo sono collegati e per stare bene devono nutrirsi di benessere entrambi.

Segnali che stai subendo gaslighting

Come difendersi nella coppia: strumenti pratici

Chiedere aiuto è la prima cosa che bisogna fare anche solo se si ha il sospetto che qualcosa all’interno della coppia non fa stare bene. Chiedere aiuto e confidare a qualcuno o qualcuna come ci si sente e cosa succede con il proprio partner non è tradimento e non è una mancanza di rispetto, ma vuol dire rispettare se stesse. 
Il mio consiglio è di chiedere aiuto a persone di cui ci si fida e a quelle che professionalmente possono aiutare: una psicologa, un centro anti-violenza o al 1522, servizio telefonico gratuito e attivo 24 ore su 24, in grado di accogliere le richieste di aiuto e di sostegno con operatrici specializzate, che non giudicheranno ma che saranno pronte ad aiutarti.

Altri consigli utili:

  • Documenta: tieni un diario per documentare gli eventi e come ti fanno sentire. Anche solo per confermare la realtà e ricordarti che non sei pazza.
  • Non isolarti e non permettere a nessuno di dirti che non devi più vedere o sentire altre persone.
  • Riconosci il problema: il primo passo è capire che sei vittima di manipolazione. 
  • Cerca alleati: parla con persone amiche o familiari di cui ti fidi per confrontare le tue percezioni.
  • Chiedi aiuto: sia per fronteggiare l’emergenza imminente sia come supporto psicologico nel breve e nel lungo termine.

Perché il gaslighting non è colpa tua

Le tue emozioni sono valide. Se ti senti a disagio, triste o svalutato in una relazione, quei sentimenti meritano ascolto. Fidati del tuo istinto e ricorda che il tuo benessere non deve mai essere messo in discussione da altre persone.

Il gaslighting non accade perché sei debole o sbagliata, ma perché qualcuno cerca di controllarti. È un comportamento che riflette le insicurezze e i bisogni di potere della persona che tenta la manipolazione. Parla molto più di lei che di te. In tutte le storie di violenza le vittime devono essere considerate tali e non concorrenti alla colpa. Oggi più che mai nella società che si sta delineando sempre più ignorante dei diritti e dei confini delle persone bisogna gridare a gran voce di chi è la responsabilità e di chi è la colpa, e restituire l’innocenza a chi ce l’ha.

Dubbi, confusione e insicurezze sono reazioni normali quando qualcuno cerca di manipolarci. Non sono segni di debolezza, ma il risultato di un abuso psicologico.

Combattere la violenza psicologica inizia da tutte e tutti noi: riconoscerla, parlarne e agire. Ogni passo verso una relazione più sana, una vittima salvata o una comunità più consapevole è un passo verso un futuro più libero dalla violenza.

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