Psicologa | Giornalista | Docente Università | Scrittrice

La newsletter che parla di parole, pensieri e cervelli narrativi

di Marta Pettolino Valfrè

Se vogliamo contare, dobbiamo votare

Se non adesso quando, se non noi allora chi?

Ci sono dei segnali che vi fanno capire quando c’è qualcosa che non va?
Per me è non riuscire a scrivere. Gli esperti di marketing potrebbero dirmi che non si confessa pubblicamente quello che sto per dirvi, per mantenere l’idea che qualsiasi cosa succeda saremo performanti e perfette.
Ed è così, la maggior parte delle volte. No, perfetta mai, ma riuscire a lavorare bene anche sotto stress fa parte del mio lavoro. In gergo si dice che “c’hai mestiere”.

Però poi torni a casa e i conti li devi fare con te. E quando non riesco a scrivere è perché non riesco a scegliere le parole da comunicare alle altre persone. Dentro ho tanti pensieri ma a volte preferisco il silenzio. E allora come si fa a stare in silenzio quando invece avresti voglia di urlare?
Io ho preso una pausa da questa newsletter, che negli ultimi tempi è diventata bimensile. C’è chi mi ha chiesto quando sarebbe uscita la prossima e allora ho pensato di “confessare” il mio stato d’animo.

Noi vogliamo la democrazia

Il silenzio non sempre è d’oro

Credo che dietro a questo mio momento ci sia un po’ di stanchezza dovuta alle tantissime cose meravigliose che mi sono capitate, di cui forse vi racconterò nella prossima newsletter, ma che mi hanno fatto vivere più in treno che a casa.

Ma c’è soprattutto molta delusione e frustrazione. Per me che ho scritto di politica per tanto tempo vedere dove sta andando questo Paese sia a livello economico, sia a livello di diritti, di libertà di stampa e di onestà fa male. Quello però che mi ferisce di più è che nulla di quello che è successo è stato ritenuto grave da questo governo, tanto da presentare dimissioni o anche solo delle scuse. Fanno silenzio su questo e parlano d’altro. E non penso solo alle infinite figuracce che hanno fatto i ministri in carica, ma di atti ben più gravi. Ministra Santanchè indagata per bancarotta e falso in bilancio. Salvini che chiude la sua campagna elettorale sostenendo il generale Vannacci con la canzone Generale di De Gregori, ignorando completamente i messaggi portati dal cantautore. Chat del portavoce del Ministro Lollobrigida scambiati con un trafficante di droga di estrema destra e dai contenuti fascisti. Manifestanti manganellati senza motivo. Università occupate e non ascoltate.

La Presidente Meloni che non dice di essere antifascista, dopo che ha giurato su una costituzione antifascista. Sarà per questo che la vuole cambiare? E che vuole ridurre i poteri del Presidente della Repubblica, responsabile dalla politica generale del governo e garante della costituzione?

Cosa ci manca ancora per definire questo Fascismo?

Ricordo Murgia quando diceva: “Vi aspettate che il fascismo vi bussi a casa con il fez e la camicia nera e vi dica: ‘Salve, sono il fascismo, questo è l’olio di ricino? Non accadrà così”.
E non sta accadendo così, ma sta accadendo. Il controllo è il suo strumento. Controllo dei corpi, delle decisioni, della stampa, delle libertà. E poi lo dice proprio il Governo con quel silenzio. Se non sei antifascista, allora cosa sei?

Per tanti anni da destra a sinistra ci hanno detto di non andare a votare. Oggi non permettiamolo più. Non permettiamo a nessuno, da qualsiasi parte, di dirci di non far valere un nostro diritto. Andiamo a votare.

CI stanno provando a toglierci la libertà e anche i sogni. Non permettiamoglielo. 

Un giro di lingua

La parola che mi sembra più giusta oggi è democrazia.

Questa parola deriva dal greco: democratia, composto di demos popolo e cratos potere. È si usa per significare una forma di governo basata sulla partecipazione di cittadini uguali, in cui il potere è esercitato dallo stesso popolo per mezzo di rappresentati liberamente eletti.

Siamo sicuri che in Italia oggi tutti e tutte le cittadine siano uguali? Abbiano gli stessi diritti e la stessa libertà di scelta?

Treccani ci suggerisce che è una forma di governo che si basa sulla sovranità popolare esercitata per mezzo di rappresentanze elettive, e che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico.

Ti senti sovrano o sovrana di questo Paese? Io mi sento di subire decisioni che non vengono discusse e che non mi rappresentano. E c’è chi protesta e viene aggredito.

“Mi scusi Presidente se arrivo all’impudenza di dire che non sento alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi e altri eroi gloriosi non vedo alcun motivo per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente ma ho in mente il fanatismo delle camicie nere al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque questa democrazia che a farle i complimenti ci vuole fantasia.” [Gaber]

Una mia esperienza

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Ho scritto un libro

IL CORPO EMOTIVO NEL PUBLIC SPEAKING

Manuale pratico tra mente, cuore e storytelling

Il public speaking per me è molto di più del parlare in pubblico, perché ci fa fare i conti con noi, con le nostre paure, ma anche con i nostri sogni e le nostre speranze. È un guardarsi dentro prima che fuori, è un parlare con noi stess* prima che con le altre persone. È anche guardare in faccia cose che non ci piacciono, ed è anche imparare a conoscersi meglio e a dirsi: sono stata brava!

Dentro questo libro troverai una parte dedicata alle emozioni e a come tenerle per mano senza farti governare. C’è anche uno Speciale Ansia! Una parte è dedicata al linguaggio e a come si formano i pensieri nella nostra mente. Un’altra, a grande richiesta, è sulla comunicazione non verbale e in ultimo ci sono le mie tecniche preferite di storytelling. E tanti e tanti esercizi.

 

“È un libro che mette ordine tra falsi miti e prove scientifiche, adatto per organizzare discorsi sia preparati, sia improvvisati. Per chi vuole essere leader e muovere opinioni, per chi ha un sogno e vuole raggiungerlo, per chi vuole parlare con mille altre persone o una sola”.

Ne ho scritto un altro:

CHE PALLE ‘STI STEREOTIPI

25 modi di dire che ci hanno incasinato la vita

Le parole che usiamo non servono solo a descrivere la realtà ma influenzano inconsapevolmente anche i nostri pensieri e determinano quindi i nostri comportamenti. Occuparsi delle parole vuol dire soprattutto prendersi cura di sé e della propria mente. E non esistono cose più urgenti di dedicarci a noi e al rapporto con le altre persone. Questo viaggio ironico e al contempo molto serio ci porta, attraverso venticinque modi di dire che spesso usiamo inconsapevolmente, all’interno å una società ancora troppo maschilista, nella quale le donne troppo spesso mettono in atto comportamenti auto-sabotanti. Sono parole “di seconda mano”, che utilizziamo senza compiere una vera e consapevole scelta, sono parole non nostre ma che, nel momento in cui le pronunciamo, dicono tanto anche di noi, di chi siamo, di cosa (senza rifletterci) pensiamo e di come ci comportiamo. Grazie alle riflessioni di Nacci e Pettolino Valfrè, impariamo a riscrivere la nostra voce interiore, a disinnescare i nostri automatismi in modo che, quando staremo per esclamare a una donna: “Hai proprio le palle!”, ci verrà da ridere ripensando a cosa vuol dire, a quanto sia assurdo, e ci porterà a domandarci: “Sono veramente io che sto scegliendo questi termini?”, “Chi è la padrona o il padrone della mia mente?” e ancora: “Posso amare le parole che ho detto?”.

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